Al Padiglione Italia va in scena il dialogo tra culture materiali e visioni
La settimana dal 1 al 7 giugno 2025, nel Padiglione Italia all’Expo 2025 di Osaka, ha visto protagonista la Regione Marche con il progetto “Ars: Tradition and Innovation”. Curato da Antonella Nonnis per Progetto Zenone, con allestimenti e grafiche di elleemme studio, la mostra si è ispirata alle botteghe rinascimentali e ha celebrato l’eccellenza produttiva marchigiana, la legacy fondata sul saper fare, sull’innovazione e su una visione umanistica radicata nella cultura locale che rimanda sempre al saper essere.
Una mostra accolta nello scenario concettuale del Padiglione Italia concepito da Mario Cucinella, che ha reinterpretato in chiave contemporanea un’opera iconica, celebrata e misteriosa, la “Città Ideale”, il dipinto attribuito a Luciano Laurana e conservato nel Palazzo Ducale di Urbino, oggi al centro di un affascinante riallestimento. I confini estesi dell’architettura di Cucinella hanno posto al centro la persona e la relazione con la natura, insieme alla capacità umana di rigenerare il mondo attraverso l’arte, la cultura e il progetto.
i-Mesh è stato tra i protagonisti scelti dalla Regione Marche per esibire al mondo le sue eccellenze, come parte della sezione “Connettere le vite”, dedicata all’incontro tra Oriente e Occidente con una mostra di arazzi concepiti come installazioni capaci di attivare il dialogo multiculturale.
Gli arazzi d’autore appartengono al progetto Arazzi Contemporanei, un progetto di collezione ideato da Cristiano Toraldo di Francia e Alberto Fiorenzi come esperienze creative e produttive, dialoghi con personalità di primo piano della scena artistica e architettonica internazionale. All’origine c’è il filo: multiassiale e multifunzionale, che si fa texture, tessuto tecnologico fluido, tattile, flessibile, iconico; oggetto e progetto per l’arte, l’architettura, il design. Il filo che dialoga con la grande architettura e si addomestica, aderisce e interpreta forma e senso dello spazio pubblico. Del resto, l’arazzo è storicamente una delle espressioni più emblematiche del saper fare e del saper essere: segno di capacità progettuale e visione, sintesi di forma, segno e significato. Lo è stato nel passato e lo è oggi, chiamato a rinnovare la sfida tecnologica, la ricerca sui materiali, la sostenibilità dei processi costruttivi. La collezione – da anni presente in importanti eventi internazionali – si arricchisce di quattro nuovi arazzi concepiti per Expo Osaka: nuove icone firmate da Tomo Ara, Kengo Kuma, Yuko Nagayama e Migliore+Servetto, presentate in anteprima al Padiglione Italia. L’arazzo di Tomo Ara, omaggio a Cristiano Toraldo di Francia, cita le visioni e l’iconografia di Superstudio: un pattern ispirato agli Istogrammi di Architettura, reinterpretato con una griglia tridimensionale fluida, capace di esaltare profondità e dinamismo. Kengo Kuma si ispira al Kumiko, arte tradizionale giapponese che crea motivi geometrici a incastro nei pannelli shoji e nelle opere lignee, spesso con simboli di buon auspicio. Yuko Nagayama lavora sull’idea di flusso e onda, con modelli stratificati di onde di varie dimensioni. L’arazzo di Migliore+Servetto, ispirato all’attraversabilità, è modellato dalla luce e dalle textures; dialoga con lo spazio e l’orizzonte. Il disegno verticale e ortogonale, più denso al centro e sfumato ai margini, presenta trame aperte e permeabili, modificate dal vuoto circostante.
Nella differenza di stile gli arazzi interpretano lo spirito e la natura di i Mesh: un materiale tecnico, compatibile con l’ambiente, un filo che diventa cifra originale e personale, capace di integrarsi in contesti differenti come tramite eletto di appartenenze, riferimenti simbolici e culturali. Un materiale che traduce e accompagna l’identità di ogni progetto con forme e soluzioni innovative sul fronte del linguaggio, della performance e dell’installazione ambientale.
“Al di là della cifra autoriale, la geometria dei segni e la loro disposizione, il pattern rende ogni arazzo un’operazione simbolica, che rinnova il linguaggio e la rappresentazione di un’icona della storia dell’arte e dell’artigianato – spiega Alberto Fiorenzi. L’intreccio infinito di forme e significati si fa deposito e legacy di narrazioni ancestrali: espressione di appartenenza etnica, emblema araldico, segno distintivo di corporazioni e poteri, rappresentazione del sacro e della spiritualità, riflesso elaborato e metabolizzato della natura”.
Accanto agli arazzi i Byōbu – tradizionali divisori giapponesi che facevano da sfondo alle nicchie espositive –disegnati dall’architetto Matteo Belfiore hanno dato vita a un ulteriore dialogo con l’estetica giapponese attraverso i rimandi tra pieno e vuoto, tra leggerezza e profondità.
In questa esperienza che ha unito le radici locali come valore identitario e la proiezione globale, i Mesh è stato un ponte tra mondi e immaginari, tra la manifattura italiana e la cultura giapponese, accomunate da ideali di bellezza, attenzione e perfezione artigiana. La sua naturale visione internazionale è stata un’opportunità con la quale raccontare una storia originale che si colloca ai confini tra le arti e le discipline dentro sensibilità contemporanee, tra l’eco di memorie visive che connotano le culture delle trame e del pattern, le nuove sfidanti questioni del cambiamento climatico, e la responsabilità del benessere per le persone e gli ambienti di vita.